Noi non siamo i nostri pensieri

 

Ognuno di noi è convinto di riconoscersi in ciò che pensa, anzi direi di più: crede che ciò che pensa lo rappresenti ovvero sia la quintessenza della sua identità. Niente di più falso, perché non è  certo che i pensieri parlino davvero di noi. Che parlino della nostra verità. Cosa intendo per verità? Intendo ciò che esprime il nostro livello di maturità, in tutti i sensi: affettiva, emotiva, di pensiero libero e autonomo da paure o convinzioni. Quella verità, il gradino evolutivo, a cui siamo giunti. Ciò che pensiamo viene originato da un non luogo della nostra mente, che rilancia sempre le stesse convinzioni fondate su ciò che si è già visto, vissuto, creduto vero. E fin qui niente di male, se non fosse che i pensieri generano emozioni anche molto disturbanti. Provate a osservare quante volte fate pensieri positivi, qualunque sia la circostanza che state vivendo, perché se così fosse sareste persone prevalentemente ottimiste e ciò che pensate influenzerebbe positivamente ciò che vi aspetta. Ma se guardate bene i pensieri che vi attraversano abitualmente, sono quasi sempre di dubbio, preoccupazione, rimprovero, auto svalutanti, mal giudicanti, e così via. Questo continuo rimuginare in modalità pessimistica, genera le emozioni conseguenti: insicurezza, ansia, paura, vulnerabilità. E naturalmente ciò influenzerà le azioni coerentemente conseguenti che possiamo facilmente indovinare.

Che fare dunque? Partiamo da un esempio specifico, osserviamo il fenomeno dei pensieri che automaticamente si susseguono e cominciamo col chiederci come ci saremmo sentiti senza quella sequenza di pensieri, se non ci fosse mai passata per la testa. Perché è così: i pensieri passano, non vengono evocati né scelti e rimarrebbero un bla bla mentale se non gli andassimo dietro credendoli nostri e per di più veri, ovvero corrispondenti a verità!

Quando ci chiederemo come ci saremmo sentiti senza quella sequenza di pensieri, scopriremo che di base prima del loro manifestarsi, c’è una dimensione sottostante di tranquillità, di neutralità,  e che sono proprio i pensieri a turbarla.

È una dimensione che sta semplicemente in ascolto e osservazione di ciò che accade, così semplicemente, senza richieste, giudizio né  aspettative.

Allora perché non provare a risiedere in quella landa pacifica? La dimensione della presenza, del qui e ora, ed essere pienamente focalizzati nel vivere ogni istante “a mente ferma”, con curiosità e apertura. È un’esperienza inebriante vivere senza commenti, giudizi e aspettative, bensì aperti al nuovo, anziché ipnotizzati dai pensieri e abbattuti dalle convinzioni limitanti o squalificanti che la nostra mente ci dà abitualmente in pasto. Qualunque cosa accadrà verrà vissuta per quello che è e ci troverà più svegli e partecipativi, con più soluzioni e capacità immaginativa nell’affrontare la realtà. Potremmo sorprenderci nel notare che le cose che vediamo appaiano più colorate o più solide. È la mente quieta che permette ai sensi di percepire in pienezza il mondo fuori da noi, senza filtro, in modo più vivido. Il freddo, il vento, i rumori sembreranno quasi schiaffeggiarci, non siamo più ipnotizzati dal pensiero compulsivo che sa e anticipa con l’idea delle cose, spegnendo l’esperienza attiva. Vi accorgerete che intorno a voi le persone sono come assenti, chiusi nello sguardo allo smartphone o in ascolto dei propri pensieri. Non sarà facile cambiare la vecchia abitudine ma varrà lo sforzo di perseguire e poi scoprire che siamo ben altro e molto più dei soli nostri pensieri.